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I veri motivi - (oltre ai precari rapporti politici) - che portarono la corona d’Aragona ed il giudicato d’Arborea, a scontrarsi nella storica battaglia di Sanluri, sono senz’altro da individuare in quello che fu almeno dopo la morte di Pietro IV (1387) lo stato di abbandono in cui venne a trovarsi il " regnum Sardiniae et Corsicae", durante il governo del figlio primogenito; Giovanni I° d’Aragona, detto "il Cacciatore".

Morto costui senza discendenza, (1396) lo scettro venne affidato al fratello, Martino il Vecchio conte di MontBlanch detto l’umano, il quale, dal 1392 si trovava in Sicilia a combattere contro i ribelli siciliani, per assicurare quel regno, al figlio omonimo; Martino il Giovane.

Lasciato il regno di Sicilia ormai pacificato, il 14 dicembre del 1396, Martino il Vecchio diventato anche quinto re del "Regnum Sardiniae et Corsicae" imbarcandosi per Barcellona, non poteva mancare di visitare ciò che restava del suo malandato regno "al di là del mare" ormai ridotto, alle sole entità fisiche di Castell de Càller, Alghero e il porto di Longosardo in Gallura.

Rex Martinus, così firmava i suoi diplomi ufficiali; si prodigò in tutti i modi per incoraggiare le residue guarnigioni che ancora resistevano nei due presidi ancora in mano alla corona d’Aragona; promettendo feudi e terre che non avrebbe mai potuto assegnare, in quanto la Sardegna, ormai di nuovo Sarda, era già da diversi anni sotto il controllo del regno d’Arborea, ma ciò che ancora oggi stupisce, come scrive il Casula, fu il comportamento dei re Catalano-Aragonesi, che in quello scorcio di secolo, non erano stati in grado di capire che il "Regnum Sardiniae et Corsicae" per loro era ormai finito; e come qualcuno disse, alla fine vinsero, - perché non s’erano accorti che avevano fallito l’impresa. alla fine del 1405 era stato Martino il Giovane, re di Sicilia e unico erede al trono d’Aragona, a prendere coscienza della drammatica situazione in cui versavano i resti di quel regno, quando diretto in Catalogna per conoscere i suoi futuri sudditi, fece scalo ad Alghero, ormai allo stremo dopo aver subìto l’ennesimo attacco da parte dell’esercito giudicale.

Al suo arrivo in Catalogna, il re di Sicilia, dopo aver esposto al padre il grave problema, _ affidandosi nella fortuna delle armi _ si dichiarò disposto ad affrontare in campo aperto, i ribelli della Naciò Sardesca,

(Sebbene tale presa di coscienza abbia avuto in Martino origini di rivalsa, quale miglior occasione poteva capitare al giovane re di Sicilia, per dimostrare il suo valore, ai suoi sudditi, che organici a quella cultura medioevale ,"fortemente militarizzata", considerava il valore in guerra, come supremo momento di prova di un re, perchè un grande re, doveva certo saper governare, ma non poteva non essere un grande condottiero, che attraverso le sue gesta rendeva onore al suo popolo).

IL Regnum Sardiniae et Corsicae, creato di sana pianta dal Papa Bonifacio VIII° nel 1297, venne infeudato a Giacomo II° re d’Aragona, "per risolvere" la ventennale guerra del vespro "vespri siciliani"(1282-1302) tra gli Angiò e la casa d’Aragona.

Spettò poi all’infante Alfonso IV, ventisei anni dopo, dare concretezza all’infeudazione, sbarcando nel golfo di Palmas di Sulcis, alla testa di un potentissimo esercito, quando ancora in Sardegna in parte esistevano, in parte avevano da poco cessato di esistere, i quattro giudicati sardi, o regni indigeni;


Disegno della lunetta in marmo posta sopra una delle porte della Basilica di San Gavino presso Portotorres (Nord Sardegna). Gli storici dell’arte la datano alle seconda metà dell’XI sec. E’ forse l’unica testimonianza iconografica degli eserciti "giudicali" sardi.

di Calaris o Pluminos, quello di Logudoro o Torres e quello di Gallura, in quel momento già scomparsi, ed infine, il Giudicato o regno d’Arborea, che ancora sopravviveva libero e Sovrano.
Nonostante l’iniziale vittoria, i catalani dovettero ben presto misurasi con l’ostilità dei loro avversari pisani e genovesi, che sul suolo sardo avevano radici ormai secolari. Ma a partire dalla metà del trecento dovettero scontrarsi anche con la resistenza sarda, sostenuta dagli antichi alleati Arborensi, che in principio ne sostennero lo sbarco, accettandone addirittura la sottomissione feudale, ma l’ambigua politica, condotta dai nuovi conquistatori, oppose i sardi e in particolare i re o Giudici d’Arborea ai Catalano-Aragonesi, dando inizio a quella crociata, che poi sarà chiamata; guerra redentista o guerra di Liberazione Nazionale, combattuta non in nome e per conto di un singolo giudicato o di un singolo sovrano, ma di una nazione che coincideva con l’intero popolo sardo.

Quest’ultimo fronte del conflitto fu il più irriducibile, dopo scontri, tregue e trattative, condotte da ambo le parti con grande risolutezza; a partire dalla ribellione di Mariano IV°nel 1353, proseguita poi dai giudici, che si avvicendarono alla guida della resistenza sarda, i Bas Serra Giudici d’Arborea, profusero tutti i loro sforzi, per finalizzare il loro antico sogno, che era quello di avere una nazione sarda senza più dominatori, ma finalmente libera e indipendente.


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